di Giuseppe Longo

Ribolla gialla, dunque, soltanto per il Friuli Venezia Giulia, trattandosi di un vino (fermo o spumantizzato) ottenuto da un antico vitigno, autoctono proprio di questa terra. Ed è questo, come è noto, l’obiettivo che ci si prefigge con la Doc, per la quale si continua a trattare in vista nel nuovo tavolo verde” o più tecnicamente della filiera vitivinicola. Ma quale nome indicare per gli altri produttori italiani? Un problema non da poco, come è facile capire, tanto da essere stato anche questo, oltre a quello delle rese per ettaro, a fare slittare nei giorni scorsi l’intesa, richiedendo un supplemento di riflessione.

Alcuni grappoli di Ribolla gialla.

 “Ribuele” è il sinonimo friulano cui ha fatto riferimento Bruno Augusto Pinat nell’intervista di martedì scorso. Ma Paolo Valdesolo, enologo di lungo corso, appena festeggiato per il suo pensionamento, mette in guardia:  Quel sinonimo non va affatto bene!”. E perché?
“Il nome della barbatella obbligatoriamente – spiega – deve essere meno assonante possibile con il nome Ribolla gialla, quindi Rebula e Ribuele dal mio punto di vista non vanno bene. Sia per assonanza che per principio. Il primo essendo la traduzione in sloveno (rispetto per i nostri vicini di vigna!), il secondo essendo la traduzione in friulano, e quindi ritengo che un po’ di orgoglio ci debba essere in questo senso. Impariamo dal Veneto: il Prosecco ha scelto Glera, non per caso. Un produttore mi ha scritto, proprio sul tema Ribolla gialla, facendomi una proposta che ritengo interessante: condivido di staccare, il sinonimo potrebbe essere ‘Patriarcato’ , cioè un nome che ricordi il passato di questo vitigno, quando il suo vino veniva portato sulle mense patriarcali. I due Patriarcati di Aquileia e di Venezia lottarono per difendere ognuno la propria identità”.
Il nodo del nome dunque esiste, eccome! Riprende, infatti, Valdesolo: Positiva la voce di Pinat, però è da chiarire proprio quale nome dare al vitigno: Ribuele Sicilia? Ribuele Italia? Ribolla gialla Collio, Colli orientali, Friuli Grave eccetera. Il mercato quale andrà a recepire?”. Un rebus…

Ma l’enologo, veneto di origine ma friulano di fatto, è molto chiaro anche sulla questione dei massimali produttivi. “La mia politica – taglia corto – è sempre stata orientata in questa proposta: solo nei territori Fvg al massimo 4 mila ceppi per ettaro, produzione 110 quintali in collina e 130 in pianura, con resa 70 per cento per i vini tranquilli. Per quanto riguarda, invece, le basi per lo spumante propongo di mantenere l’attuale disciplinare per la Doc Friuli, con libertà di scelta se fare il Classico disciplinato a 6 mesi oppure riserva a 12. Per tutti potrà concorrere una integrazione al massimo del 15 per cento delle sole varietà Pinot bianco, Chardonnay e Tocai friulano. E questo per tutelare l’origine qualitativa, la personalità del vitigno ‘madre’ nonché per dare valore nello stesso tempo al territorio, alla superficie, all’uva, al vino e in modo particolare alla bottiglia. E’ meglio produrre 25 milioni di bottiglie cercando di ricavare 10 centesimi, oppure accontentarsi di farne 15 milioni guadagnando un euro, soddisfacendo il consumatore con la qualità?. Conoscendo le validissime persone che occupano il ‘tavolo verde’, realmente operative nel settore, sapranno materialmente arrivare a un equilibrato accordo”.

Valdesolo, infine, non risparmia un’osservazione che riguarda i prezzi. “Vorrei tanto fare una ricerca intervistando tutti i produttori vitivinicoli associati alle cooperative. Sono certo che gran parte non è a conoscenza dell’importanza dell’attuale problema Ribolla gialla: perché l’uva in pianura ha avuto nella passata vendemmia un prezzo speculativo di 35-40 centesimi al chilo, quando in collina la quotazione era di 1,50-1,70 euro. Oggi in pianura chi è andato in sovrapproduzione non riesce a vendere la Ribolla (perché non qualitativa) a 50-60 centesimi, mentre in collina ad oggi è letteralmente introvabile e più produttori sarebbero disposti pur di averla a pagarla 2 e più euro al litro”.

Un problema con più facce, dunque, quello della Ribolla gialla. Come andrà a finire? Sarà interessante vedere l’esito del prossimo “tavolo verde”. Anche il parere autorevole di Paolo Valdesolo potrà dare un aiuto a venirne a capo: “E’ sempre un mattone in più – lui stesso ci ha detto, quando gli abbiamo proposto di pubblicare le sue osservazioni – da aggiungere alla piramide per convincere il Sistema Friuli”. E se altri, nell’attesa del nuovo incontro che tutti si augurano risolutivo, desiderano esprimere il proprio punto di vista sono i benvenuti. Questo è l’indirizzo di posta elettronica: longonimis@gmail.com

Immagini di vigneti di pianura e di collina.

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In copertina, l’enologo Paolo Valdesolo durante una degustazione.

 

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