di Giuseppe Longo

L’ape, quello straordinario insetto “sentinella dell’ambiente” e indispensabile “agente” nell’impollinazione delle piante, tanto che ogni coltivazione, erbacea o arborea, le deve praticamente tutto, è al centro stamani, nella giornata conclusiva di Agriest 2019, a Udine e Gorizia Fiere, di uno fra i più importanti incontri di studio e di approfondimento che il ricco programma convegnistico ha offerto in questi giorni.

Nella sala congressi si è infatti appena alzato il sipario sul X “Meeting di apicoltura in Fvg” – tradizionale incontro della domenica che ogni anno chiude la rassegna a Torreano di Martignacco – che nella mattinata offrirà una è preziosa occasione per riflettere sulla delicata situazione che sta vivendo l’ape nella nostra regione – e ovviamente non solo – e sulle prospettive, ponendo l’accento sulla inderogabile esigenza della sua salvaguardia. E’ noto infatti che questi insetti pronubi soffrono molto l’inquinamento atmosferico dovuto all’impiego dei fitofarmaci chimici – tanto che, fortunatamente, si parla sempre più di agricoltura sostenibile, proprio nell’ottica inderogabile della difesa dell’ambiente – e delle malattie che li insidiano, a cominciare dalla temutissima varroasi. La giornata, come sempre, è organizzata dal Consorzio Apicoltori della Provincia di Udine che tiene costantemente monitorata la vita di questi meravigliosi insetti, da sempre amici dell’uomo non solo per la preziosissima serie di prodotti che ci offre l’alveare, una vera fonte di salute, ma appunto per l’irrinunciabile funzione che svolgono nella impollinazione delle piante e per la propagazione e conservazione delle specie vegetali.

Miele principale prodotto delle api.

Dopo l’apertura dei lavori, con una relazione sulle attività svolte e sui programmi, da parte di Luigi Capponi, presidente del Consorzio Apicoltori, è prevista una serie di importanti interventi: “La tutela dei patrimoni genetici locali di Apis mellifera come presupposto per un’apicoltura produttiva”, Paolo Fontana, Fondazione Edmund Mach – San Michele all’Adige (Trento); “Pesticidi e salute: come agiscono e quali effetti producono sull’uomo”, Gustavo Mazzi, presidente Isde, Associazione Italiana Medici per l’ambiente-sezione Pn; “Api e agricoltura: possono convivere?”, Lorenzo Furlan, Veneto Agricoltura; “Situazione Vespa Velutina in Italia”,  Marco Porporato, Università di Torino – Disafa (Osservatorio di Apicoltura); “Confronto tra apiari sperimentali in aree a diverso livello di naturalità nell’alta pianura friulana”, Elena Driussi, Università di Udine. I lavori, moderati da Francesco Nazzi, dello stesso Ateneo friulano, si chiuderanno con la discussione intorno alle 13.

Proprio per inquadrare meglio la situazione in Friuli Venezia Giulia, vi proponiamo i contenuti di un approfondito comunicato tecnico di Luca Poggetti, pubblicato sul sito ufficiale del Consorzio apicoltori di Udine, il quale, offrendo una dettagliata “fotografia” della situazione vissuta nel 2018, esordisce affermando che quella appunto appena trascorsa è stata “un’annata apistica caratterizzata da situazioni fortemente contrastanti. La stagione primaverile era infatti partita con le premesse giuste (meteorologiche e di fioriture) per far sperare in una buona annata produttiva e in una stabile ripresa delle famiglie su tutte le zone”.

“In molte aree della pianura tuttavia, a causa del diffuso manifestarsi di spopolamenti, le famiglie di api – spiega l’autore – non versavano, nella maggior parte dei casi, nelle condizioni ottimali per poter arrivare sull’acacia al giusto grado di sviluppo. A riprova di tale condizione c’è il fatto che in molte zone la produzione di mieli primaverili precedenti all’acacia è stata scarsa o assente. In ogni caso, l’attuazione di necessarie tecniche apistiche (nutrizione stimolante, pareggiamento o riunione delle famiglie più deboli), per questa fioritura ha permesso alla fine di ottenere (complici anche le ottimali condizioni meteo) produzioni generalmente accettabili (se paragonate alle ultime annate!). In alcune zone della Bassa pianura e del Cividalese sono state segnalate produzioni molto abbondanti, in altre dell’Alta pianura invece scarse. La stagione si è poi trascinata con produzioni di millefiori/melate che potevano variare anche di molto a seconda delle zone prese in esame (abbondanti lungo il corso del Torre e del Cormor, scarse nelle zone più “secche”)”.

Ecco un alveare in Friuli e un apicoltore durante il suo lavoro.

E Poggetti prosegue: “La zona montana ha visto un’iniziale fase primaverile insolitamente calda e asciutta con estese fioriture di tarassaco, pruni e salici che hanno determinato un forte sviluppo delle famiglie, in netto anticipo rispetto alle annate precedenti e agli apiari dislocati in pianura. La situazione è tuttavia cambiata radicalmente con un maggio particolarmente freddo e umido che ha limitato notevolmente le possibilità di bottinatura delle api. La situazione è stata resa inoltre più complessa dalla totale assenza di melata di abete (generalmente concomitante con le annate di intensa fioritura, come quella verificatasi quest’anno) che ha reso necessari interventi di nutrizione di soccorso fino a giugno inoltrato. Tale precaria situazione si è protratta, per gli apiari di media montagna, fino al tiglio che grazie ad una fioritura dall’inaspettata abbondanza, ha “salvato” la stagione a un minuto dalla fine. Sono state registrate infatti produzioni discrete e caratterizzate da un notevole grado di purezza (vista l’assenza di nettari contaminanti). Molto male gli apiari dislocati in zone di media montagna senza presenza di tiglio, che in alcune zone hanno fatto registrare uno “zero” produttivo. Male anche quelli dislocati in alta montagna a causa di un repentino peggioramento delle condizioni meteo proprio in concomitanza della fioritura (peraltro abbondantissima) di rododendro e lampone che sono riusciti a “portare a casa” produzioni inferiori ai 10 kg”.
“Nella zona collinare – si legge ancora nell’approfondito resoconto sul 2018 – è stato invece il castagno a deludere in parte le aspettative di molti apicoltori: a dispetto di una notevole fioritura infatti, i raccolti hanno raramente superato il melario-melario e mezzo. Il prodotto inoltre risulta spesso fortemente frammisto a tiglio (che anche in questa zona ha dato parecchio) e rovo e quindi difficilmente identificabile come monoflora”.

E ora veniamo alle patologie che insidiano le nostre api. “Anche il monitoraggio del grado di infestazione degli alveari da parte della Varroa fornisce in alcuni casi dati discordanti: alcune zone della montagna, dove l’infestazione risulta quasi sempre sotto la norma, fanno già registrare perdite di alveari e salvataggi in extremis con asportazione e distruzione della covata seguiti dalla somministrazione di ApiBioxal gocciolato. Altre zone della pianura, caratterizzate di solito da massiccia presenza dell’acaro, fanno notare ad oggi, cadute decisamente sotto la media. A parte casi limite, dovuti a trattamenti eseguiti in maniera impropria o non tempestiva, si assiste complessivamente ad una buona tenuta sia dei prodotti a base di amitraz abbinati al timolo, sia delle tecniche di blocco/asportazione della covata”.

“Ad oggi – prosegue Poggetti nella sua analisi che era stata redatta nel settembre scorso – in tutte le zone, le famiglie appaiono nella maggior parte dei casi sane e in buone condizioni generali. Nella zona montana ciò è dovuto anche alla massiccia importazione di melate tardive (dall’origine botanica non sempre identificata, in alcune zone larice, in altre forse tiglio) che hanno contribuito a determinare un intasamento dei nidi con conseguente sospensione temporanea dell’allevamento della covata. Le condizioni delle scorte delle famiglie in pianura e collina risultano invece da sufficienti a scarse, complici anche le condizioni meteo che non consentono un’ottimale attività di bottinatura sull’edera”.

Ricche e importanti le indicazioni di questo comunicato tecnico, ma tante altre usciranno dal convegno di stamani nell’ambito del “Meeting di apicoltura” che appunto celebra i suoi primi dieci anni. A ogni modo, per saperne di più, sarà utile per gli interessati – come abbiamo fatto appunto noi – consultare www.apicoltorifvg.it  oppure rivolgersi ad apiudine@apicoltorifvg.it

Una visita ad alveari per conoscerne la importantissima funzione.

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In copertina, un’ape su fiori di acacia.

(Foto del Consorzio apicoltori di Udine)

 

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