di Claudio Soranzo

Era il 19 aprile del 1986 quando le prime bottiglie del Vino della Pace partirono da Cormons, destinate ai Capi di Stato del Mondo, con un messaggio di amicizia e fratellanza universale, impreziosito ogni anno dalla mano di artisti di fama internazionale. E’ questo l’incipit che troviamo ora sulla nuovissima etichetta che avvolge le bottiglie del Vino della Pace 2017, stappate ieri per un brindisi augurale all’Enoteca di Cormons fra il sindaco Roberto Felcaro, l’assessore regionale alla Cultura Tiziana Gibelli, il direttore della “Fondazione Roberto Capucci”, Enrico Minio Capucci, nonché presidente e direttore della Cantina Produttori, Filippo Bregant e Alessandro Del Zovo. Un cin-cin davvero importante per il ritorno, dopo un breve periodo di pausa, del famoso Vino della Pace, ambasciatore delle nostre terre a livello internazionale, a 33 anni di distanza dal suo debutto nell’alta società.
Fu Luigi Soini – per 37 anni direttore della Cantina Produttori di Cormons – a “inventarlo” nel 1981 e a mettere in pratica il progetto due anni dopo ponendo a dimora 640 barbatelle di tantissime varietà. Tre anni dopo la prima vendemmia e l’imbottigliamento, dopo aver sollecitato grandi artisti a dipingere le etichette, che andarono a impreziosire il dono alle fortunate grandi personalità del pianeta. Non solo, gli artisti dipinsero anche 26 botti che fanno ancora oggi bella mostra nella cantina cormonese. L’arte in cantina, che venne inaugurata con un grande concerto di Francesco Guccini.

La presentazione del Vino della Pace 2017; sotto, parla Luigi Soini.

Questa la storia, che oggi si rinnova con un progetto ancora più esclusivo. I nuovi vertici della Cantina Produttori hanno deciso di ottenere il Vino della Pace mediante un uvaggio che potesse rappresentare la punta di diamante della loro produzione. Un mix di cinque varietà, sapientemente dosate, che possa diventare il vino di riferimento della Città di Cormons, capoluogo indiscusso del vino regionale. Cinque grandi bianchi del territorio parzializzati intorno al 30% ciascuno di Friulano e Chardonnay, un buon 20% di Malvasia Istriana e il 20% rimanente quasi equamente diviso fra Pinot bianco e Ribolla gialla.
Ne è nato un ottimo vino, selezionato fra le migliori uve del raccolto 2017, vendemmiate durante la seconda e terza maturazione (metà/fine settembre), dal gusto pieno, morbido e rotondo, con retrogusto di vaniglia, di grande freschezza e complessità. Le uve diraspate sono state macerate a bassa temperatura per estrarre dalla buccia le sostanze antiossidanti benefiche per l’organismo. Il mosto è stato poi svinato in grandi botti e affinato per 12 mesi in botti di legno di quercia di tre essenze, e poi per altri 6 mesi in bottiglia. Il colore è giallo paglia, come i petali del girasole, con profumo di fiori appena sbocciati e frutta dolce, con sentori leggermente moscati. Per la sua struttura e complessità si addice ai palati “nobili” e alle tavole raffinate, accompagnandolo molto bene ai piatti di pesce, ai formaggi stagionati ed erborinati, ma pure alle carni bianche. Per meglio esaltare la complessità del suo bouquet è consigliabile servirlo a una temperatura intorno agli 11/12 gradi.

Le confezioni pronte per essere spedite in tutto il globo.

Sull’etichetta è riprodotto un disegno realizzato dal Maestro Roberto Capucci, stilista di fama mondiale, la cui Fondazione ha sede dall’anno scorso nell’esedra di ponente della prestigiosa Villa Manin di Passariano. Il legame dello stilista con la nostra regione risale al 2004 quando allestì una mostra con 110 sue creazioni a palazzo Attems-Petzenstein di Gorizia, sede dei musei provinciali. Nello scorso settembre inaugurò, sempre nel capoluogo isontino, la mostra “L’atelier dei fiori – Gli abiti di Roberto Capucci incontrano le immagini di Massimo Gardone”, tuttora visitabile al Museo della Moda e della Arti applicate, in Borgo Castello.
L’etichetta è pure impreziosita dalla poesia “Prosit” di Paolo Menon, giornalista , grafico e scultore, tratta dalla silloge “Pietre d’inciampo” del 2018, tradotta sotto in inglese con il titolo “Cheers” da un noto giornalista del magazine Decanter.

 

E da Maribor le barbatelle
della vite
più antica del mondo

(c.s.) Molto interessante anche una nuova iniziativa di Luigi Soini. L’ideatore del Vino della pace ha fatto in modo che la Città universitaria di Maribor, in Slovenia, donasse alla Città di Cormons l’innesto della vite nobile più antica del mondo, che da oltre 450 anni fa bella mostra di sè appoggiata a una casa del XVI secolo, sulle rive della Drava, l’affluente più lungo del Danubio, certificata dal Guinness dei primati. Le tre piccole barbatelle, figlie dirette di questa antica vite, sono state piantate nel febbraio del 2016 a ridosso della struttura (un restauro conservativo) della chiesa di San Nicola, in via dei Patriarchi a Cormons. Il 24 dicembre scorso sono stati raccolti i primi grappoli e alcuni campioni di tralci per portarli ad analizzare al Crea, il famoso Centro di ricerca di viticoltura ed enologia di Conegliano, per l’identificazione varietale attraverso la sequenziazione del Dna e così stabilire definitivamente l’origine e discendenza del vitigno. Il risultato corrisponde con la varietà n. 6344 con il nome di Koelner Blau (Blu di Colonia) e altri sinonimi, proprio quella esistente a Maribor, visitata ogni anno da migliaia di turisti e wine lovers.  E quest’anno in autunno ci sarà la prima vendemmia.

Ecco le viti piantate a Cormons “figlie” di quella più antica del mondo di Maribor. (Foto www.slovenia.info)

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In copertina, le nuove bottiglie del Vino della Pace 2017 di Cormons. 

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