di Nicola Cossar

PAULARO – Quando il giovane e misterioso viaggiatore scese dal Nord assieme a un vento gelido e scuro, in valle il tempo si fermò per una notte, anch’esso incantato da quel forestiero che in cambio della breve ospitalità di quella gente spigolosa eppur gentile lasciò in dono due preziosissimi semi: l’amore nel cuore di una fanciulla e la poesia della musica immortale uscita come per magia dalle sue geniali dita. Di questi tempi, ben altri venti, gelidi e scuri, spazzano via le certezze dalle nostre contrade. Così, oggi più che mai, abbiamo tutti bisogno di sogni e leggende, anche di quella che racconta il giorno in cui Wolfgang Amadeus Mozart si fermò a Paularo.

Le leggende volano leggere, come le note musicali: fascinose, consolatorie, amorevoli. E lasciano sempre un segno del loro passaggio, specialmente nelle anime dei fanciulli curiosi del mondo e affamati d’infinito. Accade ovunque. Qui, in Incarojo, tanti anni dopo quel seme venuto dal Nord con il Grande Salisburghese trovò terreno fertile e generoso nel cuore di un bambino il cui nome era Giovanni, cresciuto nei severi ritmi della famiglia, del lavoro e della fede e poi capace di “lâ pal mont” a studiare, conoscere, imparare e, nell’eterno ritmo dei giorni e delle stagioni, a insegnare, diventando “il Mestri” che abbiamo amato e per sempre ameremo: Giovanni Canciani, “genius loci” di Carnia  e della Madre valle cui il Sernio da millenni fa la guardia attenta e silenziosa.

Con il diletto figlio Daniel e il discepolo Alessio usciamo da un prezioso concerto il cui programma era interamente dedicato a sue musiche per pianoforte, organo, voce, corni e trombe barocche. Il luogo è lo stesso nel quale, a dicembre, in moltissimi gli abbiamo detto il nostro ultimo “mandi”: la Chiesetta di Sant’Antonio Abate, con accanto la Mozartina 2, altra preziosa e amata figlia. Quando la musica degli strumenti vola via, ecco accendersi quella del Chiarsò chiacchierone e del vento che gli fa compagnia. Ci aiuta ad alzare lo sguardo verso il cielo stellato, a pensare, con gratitudine, a questo grande figlio delle nostre montagne. Canciani è stato sì un eccellente musicista a tutto tondo (innamorato di Bach e non solo di Mozart, amava definirsi, con ironia davvero british, “l’ultimo compositore barocco vivente”), ma è stato molto altro, non dobbiamo dimenticarlo. Assieme a centinaia di composizioni, ci ha lasciato l’eredità e la responsabilità di gestire la “Mozartina”, che conserva tanti gioielli tra cembali, fortepiani, pianoforti, organi e strumenti da braccio, di mantenere vive e attive le associazioni che ha fondato e guidato, dalla Scuola di musica della Carnia agli Amici della Mozartina, ai cori, alle stagioni concertistiche (una è in corso proprio questo mese) che spesso ha pagato di tasca sua pur di offrire ai giovani una preziosa occasione di esibirsi.

Ecco, i giovani: fino all’ultimo il grande amore del bambino con i capelli bianchi. Per loro si è speso, a loro ha insegnato e consegnato il proprio vastissimo sapere, dalla musica alla letteratura, compresi i segreti del legno (ci vengono in mente i fratelli Leita, oggi apprezzati restauratori di strumenti antichi, che curano nel nuovo “ospedale” di Prato Carnico), seminando prima di tutto, e soprattutto, il senso del bello e un’autentica, profonda e rispettosa sensibilità verso gli altri, verso la natura e verso ogni forma di cultura, lingua, arte e tradizione. Ha amato molto, Giovanni, la sua gente e la sua terra, cui ha donato per sempre “Carnorum Regio”, inno che ormai tutta la Carnia canta. Questa terra aspra e generosa l’ha lasciata per ritrovarla, sostenerla e promuoverla (anche come sindaco della sua Paularo)  con iniziative fra le più varie, ma tutte mirate alla valorizzazione del patrimonio dei prati e dei boschi, degli animali da curare e allevare, alla valorizzazione del talento artigiano di centinaia di mani callose, sicure e precise nel creare oggetti utili e opere d’arte con lo stesso senso di orgogliosa appartenenza che queste montagne custodiranno per sempre. E adesso anche assieme a lui, “il Mestri”, che continua a parlarci con la musica del vento del Nord.

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In copertina e all’interno il maestro Giovanni Canciani ormai anziano con i suoi amatissimi strumenti.

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