di Maristella Cescutti
“Una Vita di Luce” è il titolo della rassegna su Arrigo Poz allestita alla galleria la Loggia, di Udine, voluta dalle figlie Donatella, Alessandra, Anna Maria e Benedetta, per ricordare l’artista a 90 anni dalla nascita. Inaugurata da Elisabetta Marioni, vicepresidente del consiglio comunale a palazzo D’Aronco che ha portato il saluto del sindaco Pietro Fontanini.
I lavori ad olio, disegni, cartonati e fusioni in vetro, abbracciano 30 anni di impegno artistico. Esposta anche la sua ultima opera, “E venne la luce”, racchiusa in una forma circolare eseguita nella sua casa di Risano soltanto tre mesi prima di morire.
“Il tema della luce è sempre stato presente nell’opera di Poz, come espressione simbolica della speranza e della fede in antitesi al vuoto e all’incertezza del vivere” scriveva nel 1998 Marta Mauro.
Arrigo Poz e”Il Viandante” opera giovanile del 1956.
Artista poliedrico, Arrigo Poz ha iniziato giovanissimo, nel 1946, la sua attività di pittore e disegnatore. Sin dagli esordi degli anni ’60 si è dedicato a diverse tecniche artistiche e grafiche, scultoree, musive, illustrando numerosi libri e realizzando monumenti pubblici polimaterici .
Particolarmente noto per le vetrate realizzate in molte chiese e istituti religiosi, non solo nel nostro Friuli. Alcune delle sue opere più conosciute si trovano a Udine nella Basilica della Beata Vergine delle Grazie, nella Chiesa di San Giuseppe, all’Istituto Tomadini e all’Ospedale Gervasutta.
Due le grandi mostre antologiche che la città gli ha dedicato, nel 1998 e nel 2010.
“Discarica” e “Grande Luna”.
Licio Damiani ha presentato la mostra della Loggia, galleria alla quale Poz era particolarmente affezionato. “Di spirito religioso, inteso in senso etimologico come legame, vincolo, si è nutrita tutta l’arte di Poz – ha detto il critico -. Aveva appreso la tecnica dal caposcuola del neorealismo Giuseppe Zigaina assumendo una posizione assolutamente originale… Il pittore dava voce a un ‘Friuli del silenzio’, i suoi quadri trasmettevano l’odore della terra”.
E ancora Damiani: “Poz anticipò le tematiche ecologiche della nostra epoca (in esposizione la ‘discarica’) proprio in virtù della sua nativa concezione della sacralità della terra. Il paesaggio, invece rappresentava il risultato delle sofferte capacità creatrici della persona umana, diventando proiezione di un mondo interiore”.
“Momento di riflessione”, “Il Matrimonio” e “Uomo prigioniero”.
Il colore e la luce entrano impetuosamente nella sua poetica pittorica dagli anni ’70 in poi. Elementi questi che si possono ammirare in alcune opere esposte nella rassegna udinese dopo essere stati accolti da una rara opera giovanile del 1956, “il Viandante”, in cui “si respira un’aria di emozione fabulatoria, quasi tratta da un repertorio seicentesco” per poi passare a opere inedite in cui sono raffigurati il gelso, “l’Ultimo”, e l’ulivo, gli alberi preferiti da Poz, illuminati da quella luce lunare così intensa che avvolge e coinvolge di spiritualità le forme che incontra.
I fanciulli “di una delicata maturità che li fa sembrare adulti” sono i protagonisti di alcune delle opere esposte. Immagini significative di un percorso artistico ricco di attenzione verso la dimensione più profonda dell’animo umano che Arrigo Poz (Castello di Porpetto 1929 – Risano 2015) ha cercato sempre di esaltare in un’affabulazione di raffinata armonia.
“Ultimo gelso” e “Grande ulivo”.
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In copertina, “E venne la luce”, l’ultima opera di Arrigo Poz.
(La foto dell’artista è di Elio Ciol)
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