di Giuseppe Longo

Tanto tuonò che non piovve. E ora la Ribolla gialla può attendere ancora, parafrasando il titolo di un celebre film americano degli anni Settanta. Nulla di fatto nel vertice convocato ieri in Regione per l’intesa sulla tutela del pregiato vitigno autoctono, al di fuori delle Doc Collio e Colli orientali del Friuli che da sempre esibiscono questo vino come un gioiello. Purtroppo, sono stato facile profeta quando annunciando il tavolo della filiera vitivinicola – o “verde” che dir si voglia –, ma anche commentando l’attribuzione del Risit d’Aur a Damijan Podversic, proprio per la sua Ribolla, avevo prudentemente scritto “pare finalmente raggiunto” a proposito dell’accordo di cui le cronache di quei giorni avevano riferito.

Ribolla vista da Lisio Plozner.

Conoscendo bene il settore – dai tempi in cui ero al Centro regionale vitivinicolo di Udine, presieduto e diretto dai compianti Orfeo Salvador ed Ennio Nussi, e quindi si tratta di quarant’anni abbondanti -, mi sembrava infatti troppo bello che sabato mattina, Giannola Nonino, premiando tra i fumanti alambicchi il bravo viticoltore del Collio, avesse potuto annunciare che l’auspicio contenuto nella motivazione del Premio era andato a segno.
E poi i segnali colti qua e là in questi giorni non erano proprio incoraggianti. D’altra parte, anche lo stesso Adriano Gigante, presidente delle Doc Fvg che si è dato da fare parecchio in questi mesi per cercare un accordo, mi era parso più che cauto. “Per me – aveva detto – la partita è chiusa, ma sai c’è sempre chi la pensa diversamente, per cui nuove limature al testo dell’accordo possono essere possibili”.

Adriano Gigante, presidente Doc Fvg.

Ed è quello che puntualmente è avvenuto ieri, al “tavolo verde”, che ora diventa rischioso come quello, omonimo, del casinò. Perché, anche per la Ribolla c’è dietro l’angolo il pericolo di una cocente delusione che potrebbe riaccendere quella a suo tempo subita con la perdita, clamorosa, del Tocai “friulano” (!). Un boccone amaro che ancora si stenta a mandar giù nonostante siano passati tanti anni dallo “scippo” a favore dell’Ungheria, sebbene il vino magiaro – dolce e liquoroso – non abbia nulla a che fare con il nostro, secco e dal sentore di mandorla, che fa la gioia dei buongustai quando sono davanti a invitanti piatti di pesce, crostacei e frutti di mare.
In altre parole, punto e a capo. Si ricomincia a trattare, come avviene nei più estenuanti e cavillosi mercanteggiamenti politici. Lo so, gli interessi in gioco sono tanti, perché la Ribolla è un grande vino che fa gola a molti e stimola più appetiti. Soprattutto dopo che è stata scoperta anche nella forma spumantizzata – apripista, ancora incontrastato, come tutti sanno è Manlio Collavini – e si presenta come una promettente alternativa al Prosecco che ha invaso il mercato, tra luci e ombre. Per cui il paziente Adriano deve rimettersi al lavoro già da oggi per tentare di ricucire le varie posizioni: gli incontri e i contatti che ha avuto in questi mesi evidentemente non bastano per buttar giù un disciplinare condiviso, quello che aspettano al Ministero dell’Agricoltura. Per cui si ricomincia.

Giova, al riguardo, riprendere ancora una volta le parole allertanti di Rodolfo Rizzi che avevo ripubblicato l’altro giorno, in quanto si riferisce a un’intervista che il presidente di Assoenologi Fvg mi aveva rilasciato in vista del Congresso nazionale di Trieste: “La Ribolla potrebbe avere delle ottime opportunità commerciali ma, per fare questo, si devono lasciare da parte i tanti campanilismi e le ‘ataviche’ divisioni territoriali. Purtroppo, se continuiamo a perdere tempo e non ci accordiamo su una linea comune, rischiamo che la Ribolla gialla, grazie al discreto successo che sta ottenendo nella versione spumantizzata, venga superata dalle interessanti proposte che anche le altre Regioni italiane stanno facendo”. Gli attori in campo, insomma, sono avvertiti. L’ora per stringere un accordo non solo è giunta, bensì abbondantemente scaduta. D’altra parte, anche l’ammonimento della Confagricoltura regionale che avevo pubblicato ieri, unitamente a un bilancio sull’annata agraria da poco conclusa, andava in questa direzione. Speriamo che i prossimi giorni siano forieri della svolta positiva tanto auspicata. Sarei molto felice di poterla registrare, scrivendo così l’ultimo capitolo di questa singolare, ma poco divertente, vicenda.

Rodolfo Rizzi al Congresso nazionale Assoenologi di luglio a Trieste. 

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In copertina, tempo di potatura.

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