di Giuseppe Longo

Festa di Santo Stefano. Ed è proprio intitolato al protomartire il Duomo di Nimis che compie cinquant’anni. Ricordo infatti, come fosse oggi, quel sabato sera di fine agosto del 1969, quando, nel clima dei festeggiamenti settembrini, fu solennemente inaugurato dal vescovo ausiliare Emilio Pizzoni che lo dedicò al Sacro Cuore. Soltanto dopo il terremoto, alla comparrocchiale fu attribuito il nome del Santo lapidato perché l’ormai ex Chiesa di Centa, cui era intitolata, non c’era più. Nel 1976, gravemente danneggiata, ne fu infatti decisa la demolizione. Fortunatamente, il monumentale altare di Heinrich Meyring – giunto nel 1838 a Nimis da Venezia – era già stato trasferito nel Duomo in cui stavano finendo i lavori. E che quest’anno, come si ricorderà, è stato sottoposto a un generale restauro che ha restituito al maestoso gruppo marmoreo tutta la sua bellezza.

La facciata con il presepe di luce e l’interno con il maestoso altare.

L’edificazione della grande Chiesa, con la posa della prima pietra (fu benedetta dall’arcivescovo Giuseppe Nogara), era avvenuta alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale che per Nimis si rivelò un’autentica tragedia. Monsignor Beniamino Alessio pensava a un paese grande e progredito e proprio per questo volle costruire una nuova comparrocchiale – perché titolare della Pieve è l’antica Matrice dei Santi Gervasio e Protasio, ieri al centro dei solenni riti natalizi della notte e del giorno, mentre oggi la Messa delle 11 sarà celebrata in Duomo per ricordarne appunto la intitolazione – in quello che secondo l’allora arciprete doveva essere il cuore del paese che stava rinascendo dalle gravissime ferite dell’ultimo conflitto. L’abitato del capoluogo, suddiviso in borgate, mancava infatti di un centro fisico e una nuova Chiesa, costruita nel luogo prescelto (il cui fondo pre’ Beniamin individuò ben presto, pensando al suo acquisto fin dai primi anni della sua presenza a Nimis, al termine della Grande Guerra), avrebbe certamente contribuito a definirlo, ciò che invece non poteva fare quella di Centa inserita in un vecchio borgo con case e vicoli proprio a ridosso del luogo sacro. E questo in effetti si è verificato appieno: chi giunge in piazza 29 Settembre da San Gervasio e vede là in fondo l’imponente struttura del Duomo ha la netta sensazione di essere nel centro del paese. Che però non ha avuto quello sviluppo che sognava il pievano arrivato da Buja nel 1912 e spentosi dopo oltre cinquant’anni di illuminata guida, senza riuscire a vedere ultimata la sua opera. Una Chiesa che oggi appare sovradimensionata, tanto che durante l’inverno quasi tutte le Messe si tengono appunto nella storica Pieve e nella Chiesa di San Mauro, che ha assunto, essendo la più piccola, il ruolo di “cappella feriale”.


Una costruzione, quella del Duomo, fortemente voluta anche dalla gente di Nimis, come ricorda una grande scritta scolpita sulla facciata in pietra: “A gloria di Dio per fede di popolo”. Una fede, ovviamente, alimentata proprio dallo spirito trascinatore di monsignor Alessio. Erano decine infatti le persone che soprattutto con carriole e carri, trainati da buoi o cavalli – i primi trattori, peraltro di contoterzisti, sarebbero arrivati soltanto agli inizi degli anni Cinquanta -, si recavano ogni domenica dopo la Messa del mattino, e dopo una settimana di lavoro nei campi, a prelevare i sassi del Cornappo per portarli ai muratori. Un’opera necessariamente bloccata dagli eventi bellici, ma che riprese al termine della guerra quando l’edificazione della nuova Chiesa s’intrecciò con la ricostruzione del paese praticamente raso al suolo dall’incendio nazista. E in quest’impegno corale la popolazione di Nimis si rivelò davvero esemplare, tanto da meritare la dedica appena ricordata a imperitura memoria.

Monsignor Beniamino Alessio.

Monsignor Alessio morì nel novembre 1962 lasciando la costruzione del Duomo ultimata nelle strutture, ma ancora tutta al grezzo: ricordo che nei primi anni Sessanta durante la sagra di settembre – che allora si svolgeva quasi interamente in paese, mentre sul prato del Santuario delle Pianelle si festeggiava soltanto il momento centrale della ricorrenza mariana – si allestiva al suo interno una grandiosa pesca di beneficenza, i cui proventi servivano proprio per completare i lavori. Un compito, questo, che passò a monsignor Eugenio Lovo, arrivato nella primavera 1963 e che, appunto, in appena sei anni riuscì a portare a termine l’opera, trasferendovi l’altare della Chiesa di Centa, ritenuta ormai carente per quanto riguardava la stabilità, e giungendo quindi alla solenne inaugurazione. Nel progetto era prevista anche una slanciata torre campanaria in sintonia con la mole dell’edificio: si gettarono le fondamenta, però non se ne fece nulla. E tuttora la Chiesa è senza campanile, ma il servizio è ugualmente svolto da un ottimo impianto elettronico.
Nel 1975 ai piedi dell’altare fu scavata una tomba per accogliere la salma di monsignor Alessio, che ai primi di novembre fu traslata dal locale cimitero. Pochi mesi dopo, il 6 maggio 1976, ecco il terremoto che devastò mezzo Friuli e così pure Nimis che da pochi anni aveva finito, non senza sacrifici, fatti anche di emigrazione, la ricostruzione post-bellica. Anche il Duomo rimase danneggiato – un segno inequivocabile è ancora visibile oggi nella spaccatura del mosaico absidale – e i lavori di ripristino furono ultimati nel 1981 da monsignor Luigi Murador, che nel novembre 1978 era subentrato all’arciprete ritiratosi nella vicina Zompitta. Da allora sono passati 38 anni che, aggiunti ai dodici precedenti, fanno appunto 50. Quelli che faranno da sfondo alla Messa che sarà celebrata stamattina da monsignor Rizieri De Tina, attuale pievano, nella ricorrenza di Santo Stefano, protomartire e appunto titolare della Chiesa comparrocchiale.

La Chiesa vista dalla piazza.

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In copertina, il Duomo di Nimis: in primo piano, una campana della distrutta Chiesa di Centa.

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