di Gi Elle
Oggi per la consueta “Ricetta del sabato” non vi porteremo, come al solito, in un ristorante affermato del Friuli Venezia Giulia, perché abbiamo invece scelto di focalizzare l’attenzione su un piatto tradizionale, tipico di questi momenti di pieno inverno: “Brovade e muset”. Già all’inizio di questa apprezzata rubrica, ci eravamo soffermati su due capisaldi della cucina rurale friulana, come il “frico” e il “salame nell’aceto”, e sul piatto portabandiera di quella triestina: la “jota”, con crauti e fagioli. E adesso, visto appunto il periodo, vi proponiamo la semplice ricetta che vede abbinati il cotechino (“muset”) e le rape che ora sono ben inacidite, dopo essere state per circa tre mesi sotto le vinacce ottenute in vendemmia. E’ chiaro, infatti, che la brovada migliore è proprio quella pazientemente preparata utilizzando questi sottoprodotti della vinificazione. Ecco dunque la ricetta, pensata come sempre per quattro persone.
“Brovade e muset”
Ingredienti:
– 800 g di brovada già sminuzzata con la speciale grattugia
– una cipolla tritata finemente (ottimo anche lo scalogno)
– tre spicchi d’aglio
– un bel giro d’olio extravergine d’oliva
– un’abbondante noce di burro
– tre foglie d’alloro
– tre-quattro chiodi di garofano (ma solo se vi piacciono)
– sale e pepe
Preparazione:
E’ un piatto molto semplice da preparare, utilizzando una padella smaltata o meglio ancora in terracotta. Le rape grattugiate a fuoco vivo impiegano meno di un’ora per la cottura. Durante la quale, in un tegame a parte (se volete, anche pentola a pressione), si cuoce il “muset”. Per fare questo, prendete un bel cotechino, o anche due più piccoli (meglio, ovviamente, se di produzione casereccia, come del resto la brovada), e lessatelo in abbondante acqua, da cambiare almeno un paio di volte al fine di togliere il più possibile il grasso che, come è noto, abbonda essendo presenti in questo insaccato anche le cotiche del maiale. Quando è cotto, è preferibile unirlo alla brovada – ma questo passaggio è facoltativo – così da insaporire sia l’una che l’altro.
E se, al termine di pranzo o cena (questo piatto va benissimo in entrambe le occasioni), vi dovesse rimanere un po’ di brovada? Magari! Unite due belle manciate di borlotti secchi ammollati per una notte e aggiungendo l’acqua che ritenete necessaria fate una minestra che, come preparazione, assomiglia molto alla “jota” triestina. Dopo tutto, qui si utilizzano i cavoli cappucci fermentati in acqua e sale, nella brovada le rape inacidite. Ma sempre di crucifere si tratta, come dire la stessa “famiglia” vegetale.
Vino:
Non è facile. C’è chi, come per la “jota”, non consiglia affatto l’abbinamento con il vino, proprio per l’acidità del piatto. Tuttavia, considerata appunto la presenza di un salume grasso e saporito come il cotechino, ritengo un generoso Refosco dal peduncolo rosso o di Faedis (Doc Colli orientali del Friuli) possa fare una gran bella figura.
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